Oltre a diversi tipi di sensori, ci sono diversi tipi di satelliti. Quando bisogna osservare i movimenti delle nuvole su un continente, come fanno i satelliti meteorologici, conviene stare molto in alto: questi satelliti si trovano in orbita geostazionaria, cioè fissi sopra un punto della superficie terrestre a 36.000 km di quota, e ognuno di essi riesce a vedere un terzo della superficie terrestre, perciò con tre satelliti è possibile osservare tutto il globo.
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Ma da questa distanza è difficile vedere i dettagli: quando serve un’alta risoluzione, per esempio per identificare gli edifici danneggiati da un terremoto, si usa una quota bassa (dell’ordine di 600 km di quota) e un’orbita polare o quasi. In questo modo il satellite riesce a vedere in ogni dato momento solo una piccola parte della superficie terrestre, ma mentre orbita intorno alla Terra il nostro pianeta ruota sotto di lui e quindi un po’ alla volta ha la possibilità di osservarlo tutto.
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Il più importante programma americano di osservazione terrestre si chiama Landsat, nato negli anni Settanta e caratterizzato dall’uso di sensori multispettrali, cioè capaci di operare in diverse lunghezze d’onda. Oggi sono operativi Landsat 7 (ancora funzionante dopo più di 24 anni dal lancio e candidato a essere rifornito di propellente da una missione robotica, anche se non era stato progettato per questo), Landsat 8 e Landsat 9.
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Il programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea è invece Copernicus, che raccoglie dati da più fonti: non solo satelliti di osservazione della Terra ma anche stazioni di terra e sensori collocati in aria e negli oceani. Il segmento spaziale del programma Copernicus è costituito dai satelliti Sentinel: si tratta di sette missioni, composte da due satelliti ciascuna. Per esempio, Sentinel-2 monitora le aree verdi del pianeta e fornisce supporto nella gestione di disastri naturali.
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