Arrivati alla Skylab, Conrad e compagni esaminano i danni: la parete esterna della stazione non era progettata per essere esposta al Sole e ha cominciato ad annerirsi per il calore, oltre a mostrare i segni dell’impatto con i micrometeoriti, ma per il resto è integra. Se i tre riescono a sbloccare il pannello incastrato la stazione potrebbe ancora funzionare, anche se a potenza dimezzata.
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Nel primo tentativo di riparazione il comandante Conrad tiene l'Apollo CSM vicino allo Skylab, Paul Weitz esce dal portellone e, mentre Joe Kerwin lo tiene per le gambe, cerca con un palo uncinato di togliere i detriti che tengono chiuso il pannello solare. Tutto mentre orbitano a 400 km dalla Terra a 28.000 chilometri all’ora.
Questa spericolata operazione da stuntman non funziona e i tre decidono di attraccare alla Skylab e occuparsi prima del parasole.
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L’attracco inizialmente non riesce per un malfunzionamento del modulo Apollo. Dopo 8 tentativi falliti i tre si mettono delle tute e provano a sbloccare a mano il meccanismo di attracco. Il tentativo funziona e il modulo Apollo si collega alla Skylab.
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L’equipaggio si trasferisce nella Skylab, dove le temperature sono infernali, e installa il parasole sull’esterno della stazione, facendolo passare attraverso un piccolo portellone per gli strumenti scientifici. Le temperature dentro la stazione scendono immediatamente e rimangono un po’ più alte del normale ma accettabili.
Ora bisogna liberare il pannello incastrato. Sulla Terra, nella piscina del Marshall Space Center, Russell Schweickart e Edward Gibson collaudano le manovre necessarie e il 7 giugno Conrad e Kerwin tentano di metterle in pratica con un’altra attività extraveicolare. Cercare di fare forza in assenza di peso è problematico: i due faticano per più di tre ore senza successo, anche perché la cerniera del pannello solare si è congelata. C’è da perdere le speranze.
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