@b8ae8ee5 (continua da prima) la stampa "generalista" e major ragiona da azienda capitalista: ha un fatturato da rispettare. Alcuni sono persino quotati in borsa. Sta a delle leggi di mercato. Questo però porta anche un altro punto: la creazione di uno spazio di nicchia. Le realtà minori e indie fioriscono proprio all'ombra dell'insoddisfazione di queste riviste. Ricordate quando TGM era rilevante? Ecco, era un periodo quasi tragico per i "piccoli". Non esistevano. Oggi invece ce n'è bisogno.
@5c66180a La parola chiave è "capitalismo", come al solito (e purtroppo, aggiungo). Viviamo in un mondo molto diverso da quello di vent'anni fa, in gran parte a causa di internet e dell'iperconnettività. Cose che nel 1990 erano tollerabili o archiviabili a un "così va il mondo", oggi sono insostenibili. Penso che, visto che nel capitalismo ci viviamo, sarà sempre più difficile, se non impossibile, fare cultura (o cose significative e non "di consumo") senza evadere dalle sue logiche.