Il "fallimento dello Stato (...) avviene quando un intervento governativo causa un'allocazione dei beni e delle risorse più inefficiente di quanto lo sarebbe stata senza tale intervento" (Wikipedia). Non condivido il termine 'fallimento dello Stato', per diverse ragioni. Fra queste, la principale è che questo termine presuppone che lo Stato sia un'organizzazione ben intenzionata: è costituito per fare del bene ma a volte (come capita a tutti) fallisce in questo tentativo. Nei limiti in cui si è a favore del principio di uguaglianza davanti alla legge (e quindi si ha un'idea non-arbitraria di libertà) la logica obbliga a riconoscere lo Stato come un'organizzazione criminale. Esso è costituito per fare del male e ci riesce perfettamente. Non fallisce affatto. Al contrario, lo Stato è l'organizzazione di maggior successo in relazione alla sua ragion d'essere. Molto più di successo della mafia, che è il suo concorrente naturale. Da un punto di vista strettamente economico, data la teoria soggettiva del valore, l'intervento dello Stato, essendo per definizione coercitivo, comporta necessariamente un'allocazione delle risorse inefficiente. Le informazioni necessarie agli scambi di successo (quelle sul valore), sono in ogni istante perfettamente decentralizzate e non sono disponibili ad alcuna autorità centrale: l'unico modo per utilizzare queste informazioni, e quindi per avere scambi di successo, è ricorrere al processo di mercato, che non può esserci in presenza di Stato (a partire dal settore del denaro).